Emanuele Giullini, assieme a Christian Visentin e Mauro Rizzato, uno dei tre soci della New Financial Technology, che prometteva guadagni garantiti del dieci per cento investendo in criptovalute, è stato arrestato nell’emirato arabo e si trova attualmente in carcere.
L’arresto
Il suo avvocato in Italia non conferma la notizia, la quale invece proviene da fonti della procura di Treviso, le quali spiegano che l’avvocato campano è stato arrestato e si trova in carcere a Dubai da circa una decina di giorni.. Le fonti italiane, citate dal quotidiano la Tribuna di Treviso, spiegano che Giullini è stato condannato ad un mese di carcere duro del centro di detenzione Al-Aweer e a suo carico sarebbe stata comminata anche una sanzione economica. Non è ancora chiaro se le vicende, per le quali l’avvocato campano si trova attualmente in carcere siano legate alla truffa della New Financial Technology oppure si tratti di vicende autonome nelle quali egli abbia continuato a raccogliere somme di denaro a suo esclusivo vantaggio da ignari investitori o abbia falsificato documenti contabili. Già a Febbraio i giornali avevano titolato sull’arresto dello stesso Giullini, il quale era stato prelevato nel suo appartamento e portato in tribunale in attesa dell’udienza di convalida. Evidentemente aveva chiarito la sua posizione se era a piede libero prima del suo arresto, anche in quel caso non fu chiarito se le sue traversia giudiziarie fossero legate alla truffa Nft oppure a fatti non riconducibili ad essa.
Le indagini sul caso Nft
La New Financial Technology prometteva agli investitori in criptovalute rendimenti del 10 per cento. In realtà si è trattata di una gigantesca truffa, come testimonia il fatto che la Procura di Treviso ha fatto sapere che a fine aprile, termine ultimo per la presentazione delle querele contro la società, settecento persone hanno sporto denuncia per una somma complessiva di 23,5 milioni di euro, che sarebbe stata sottratta dai truffatori. In considerazione del fatto che la maggior parte delle persone raggirate dalla Nft non hanno fatto denuncia per vari motivi (non affrontare ulteriori spese legali, in con scarse possibilità di ottenere indietro qualcosa, non dover giustificare la provenienza delle somme investite) si stima che i truffati siano in quattromila per un ammanco totale di 300 milioni di euro. Sono 40 gli indagati vari reati: associazione per delinquere finalizzata alla truffa, mentre agli altri, sostanzialmente la rete di broker che avrebbero contattato i clienti e convinti a investire, quella di abusivismo finanziario.
Al momento la Procura della Repubblica ha sequestrato beni per due milioni di euro e ha avviato La Procura della Repubblica, rogatorie bancarie in nove paesi: Svizzera, Lituania, Bulgaria, Svezia Spagna, Croazia, Malta e Repubblica Ceca, per ricostruire i vari passaggi e conversioni tra criptovalute e denaro tradizionale. Inoltre sono state avviate indagini tramite l’Interpol con Stati Uniti, Emirati Arabi e Regno Unito.
Lo schema Ponzi
La Nft ha attirato diverse migliaia di investitori garantendo guadagni mensili del 10% sulla somma investita. Il caso specifico coinvolge utenti provenienti in gran parte dalle regioni Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia. Il modello di business propagandato dai truffatori era quella dell’“Arbitraggio”, sfruttando il prezzo oscillante dei Bitcoin nelle varie piattaforme di vendita per acquisire la criptovaluta al minor prezzo di mercato. La differenza di prezzo favoriva il guadagno che veniva poi redistribuito fra gli investitori. Nell’estate del 2022, quando sono partite le prime denunce ed è scattata l’inchiesta, il castella di carta è crollato rivelando il più classico degli schemi Ponzi: i pochi clienti che avevano effettivamente ricevuto le “cedole” pattuite sui propri investimenti nei primi mesi venivano in realtà pagati con il denaro dei nuovi investitori