Un lungo reportage della RSI, la Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana, realizzato dalla redazione di Falò, una trasmissione simile a Report della Rai, ha acceso i riflettori sul Plan B di Lugano, l’iniziativa congiunta tra l’amministrazione comunale della Città e l’azienda Tether per promuovere e sperimentare l’utilizzo della tecnologia blockchain su larga scala in città, cercando di fare un bilancio ad un anno e mezzo dal lancio del progetto.
L’attenzione del programma televisivo si è concentrata sul partner della città, Tether, la quale è la più importante stablecoin al mondo, lanciata dalla società Tether Limited Inc. nel 2014, da sempre oggetto di critiche per la mancanza di trasparenza e verificabilità delle riserve fiat dichiarate.
La certificazione delle riserve
Sul proprio sito web Theter Limited Inc. pubblica la certificazione delle riserve ossia un documento che vorrebbe dimostrare l’effettiva esistenza dei capitali raccolti elaborata da una società specializzata.


Dopo avere cambiato diversi certificatori, informa la RSI, tutti di dubbia reputazione, situati tra le isole Cayman e le Bahamas, i vertici della società hanno scelto negli ultimi anni BDO Italia, una società di Milano, città a 7mila km di distanza dalla sede di Theter.

L’attestazione è un documento di sole dieci pagine. Giancarlo Bellavia, esperto di diritto penale dell’economia, interviene nel servizio giornalistico realizzato dalla RSI affermando che si tratta di una relazione di una società di revisione su queste riserve mettendo in rilievo il fatto che nessuno di questa è andata presso la sede di Tether, la quale ha fornito la documentazione sulla base della quale è stata redatta la certificazione.
Questa documentazione attesterebbe la presenza di denaro, oro, obbligazioni e una piccola quota di bitcoin per un totale di 80 miliardi di dollari e, quindi, sintetizza il procedimento con il quale si è arrivati a questo documento: “Tether manda le carte alla società di Milano, la quale dopo averle visionate afferma che essa ha riserve di valore per un totale di 80 miliardi di dollari dovendosi quindi fidare di una società che non ha contabilità poiché niente viene detto su chi siano le banche o i depositari di queste riserve perché nella certificazione ad esse relative non c’è scritto”. Il professore Bellavia sottolinea che normalmente quando si chiede ad una società di revisione un’attestazione, quest’ultima dovrebbe fare una verifica fisica e andare dove c’è la sede sociale ed esaminare se veramente ci sono questi soldi e sottolinea che “80 miliardi di dollari sono tanti in una banca su una spiaggia”. A questo punto il giornalista di RSI gli pone la domanda: “ In queste condizioni come fa una società di revisione a certificare?” e Il professore risponde che occorrerebbe chiederlo ai revisori e continua dicendo che se qualcuno sceglie per la propria attività economica di andare alla Isole Vergini Britanniche (BVI, dove ha sede Tether) lo fa “perché può dire quello che gli pare, dal momento che nessuno controlla”. A questo punto il reportage informa che BDO Italia non ha voluto rispondere alle loro domande e sottolinea il fatto che negli ultimi due anni essa è stata sanzionata 4 volte dalle autorità italiane, le quali hanno comminato sanzioni per oltre un milione di euro per violazione dei principi di revisione.


Nel Novembre 2022 la stessa società ha certificato come sani i bilanci della più grande piattaforma italiana di criptovalute The Rock Trading, sottolineando il fatto che dopo tre mesi la società è fallita lasciando un buco di oltre 20 milioni si euro e migliaia di clienti danneggiati (vedi immagine di copertina dell’articolo).

Plan B, un anno dopo
Nella trasmissione della RSI si è documentata una animata seduta del consiglio comunale di Lugano dedicata al Plan B e tra le varie voci contrarie ad esso quella più significativa è stata quella Danilo Baratti, capogruppo dei Verdi di Lugano, il quale si è chiesto se fosse “opportuno allearsi a una società (Tether) di cui non si conosce la struttura proprietaria, che non è trasparente sui suoi mezzi propri, non ha un bilancio pubblico, non è soggetta a nessun organo di controllo e revisione, e che ha sede in un paradiso fiscale?”. In quella sede Michele Foletti, sindaco di Lugano (nella foto sopra) ha risposto dicendo che la tecnologia blockchain è trasparente, e permette di controllare la provenienza dei finanziamenti rimarcando il fatto che “lo strumento tecnologico è neutro, il problema è l’utilizzo che se ne fa” e che comunque la Città di Lugano non ha messo soldi in questo progetto.

Le inchieste del Wall Street Journal
I giornalisti della RSI hanno rimarcato il fatto che Tether “ha sede alle Isole Vergini Britanniche (BVI), noto paradiso fiscale, un luogo con poche regole e pochi controlli” e poco si sa su cosa fa e chi ci sia dietro la più grande azienda di stable coin del mondo. Così hanno intervistato Ben Foldy, un giornalista del Wall Street Journal, il quale ha condotto varie inchieste su Tether. Intervistato dai giornalisti della RSI ha dichiarato che si sono molte domande senza risposte in merito a questa società e al suo token omonimo, definito una stable coin, perché i suoi creatori hanno affermato che a ciascun Tether deve corrispondere un dollaro americano. Foldy ha raccontato che le autorità finanziarie statunitensi hanno voluto controllare se questa affermazione fosse vera ed hanno scoperto diversi casi in cui Tether non era coperta 1 a 1 e ha citato un caso nel quale la società ha dichiarato di avere una tale somma per la copertura, ma in realtà essa era stata versata quel giorno stesso per essere tolta il giorno dopo.
Le vicende americane di Tether
Nel febbraio 2021 il procuratore generale di New York, Letizia James, a conclusione della causa portata avanti negli anni precedenti contro Tether e Bitfinex ha sentenziato che quest’ultimo e le altre società del gruppo hanno ingannato i clienti e il mercato sovrastimando le riserve di dollari statunitensi detenute nella Tether Limited, società delle Isole Vergine britanniche. In un comunicato stampa sul sito ufficiale del procuratore viene espressamente dichiarato che “Bitfinex e Tether hanno coperto sconsideratamente e illegalmente enormi perdite finanziarie per mantenere il loro piano in corso e proteggere i loro profitti. L’affermazione di Tether, secondo cui la sua criptovaluta era sempre completamente sostenuta da dollari Usa è falsa. Queste società oscuravano il vero rischio che gli investitori dovevano affrontare ed erano gestite da persone ed entità prive di licenza e non regolamentate, che operavano negli angoli più oscuri del sistema finanziario”. Alla fine la causa si è conclusa con iFinex, Bitfinex e Tether che hanno “patteggiato” una sanzione di 18,5 milioni di dollari e la cessazione immediata di qualsiasi ulteriore attività commerciale nello Stato di New York.

I vertici di Tether
Bitfinex (il terzo mercato virtuale di criptovalute la mondo) e Tether sono legate tra loro da complesso reticolo tra Hong Kong e i Caraibi e non hanno doveri di trasparenza, nulla si sa dei loro organigrammi né dei bilanci e nonostante agiscano di fatto come una banca non sono sottoposti ad enti regolatori e non sono sottoposti a nessun obbligo di diligenza sulla provenienza denaro raccolto, nessun obbligo di rispetto di normative antiriciclaggio o di lotta al finanziamento al terrorismo. Secondo i loro siti web le due società sono gestite dalle stesse persone Jean Luis Van der Velde fino a poco tempo fa CEO della società, sostituito da Paolo Ardoino, che in precedenza era il CTO, e Gian Carlo Devasini (nella foto sopra, considerato da diverse fonti come la mente dell’azienda). La sua biografia ufficiale sul sito web di Bitfinex (la borsa di criptovalute sorella di Tether) traccia il ritratto di un pioniere del mercato dei semiconduttori, la cui attività crebbe fino a 113 milioni di euro di ricavi annui prima di essere venduta poco prima della crisi finanziaria del 2008. Ma Il reportage della RSI ricorda che fu implicato in una frode ai danni di Microsoft nel 1995 per la quale definì un patteggiamento, mentre un’inchiesta del Financial Times del luglio 2021 rivelò che nel 2007 l’impero commerciale di Devasini aveva registrato un fatturato di soli 12 milioni di euro ed era stato messo in liquidazione nel giugno successivo. Inoltre una società di Devasini, Acme, fu sottoposta a un procedimento legale per violazione di brevetto promosso da Toshiba, legato alle specifiche del formato dvd (Tether afferma che l’azione legale fosse priva di fondamento e non abbia avuto alcun esito negativo).