Secondo il rapporto della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (United Nations Conference on Trade and Development) il settore delle criptovalute è cresciuto del 2.300 per cento tra il settembre 2019 e giugno 2021, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
Boom del settore delle criptovalute
Due sono state le le ragioni principali di questo autentico boom durante la pandemia provocata dal Covid:
- Le criptovalute hanno rappresentato una valida alternativa ai canali tradizionali di trasmissione delle rimesse, sia in termini di prezzo che di velocità.
- Le criptovalute sono state percepite come un modo per proteggere i propri risparmi da parte delle famiglie del ceto medio, principali detentori di criptovalute in quei Paesi.

“Nei Paesi in via di sviluppo”- sostiene il rapporto – “i rischi e costi connessi all’uso delle criptovalute sono superiori ai vantaggi. I rendimenti riguardano solo chi le possiede, al contrario, i danni eventuali di un loro uso eccessivo e deregolamentato potrebbero influenzare l’intero sistema economico. Ad esempio se i prezzi delle criptomonete dovessero crollare, le autorità monetarie pubbliche sarebbero costrette a dover intervenire per ripristinare la stabilità finanziaria del sistema economico. Inoltre, esse potrebbero rappresentare un nuovo canale per i flussi finanziari illeciti”.
Risposte normative in corso
Nel 2019, l’annuncio da parte di una grande piattaforma di social media in merito al previsto lancio di una stablecoin sovranazionale ha provocato reazioni da parte delle autorità di regolamentazione dei Paesi sviluppati. La scala della piattaforma, con oltre 2,5 miliardi di utenti attivi, insieme al suo obiettivo di diventare un fornitore di pagamenti globale, ha sollevato preoccupazioni sulla necessità di un potenziale salvataggio pubblico in caso di fallimento e l’ingresso di una grande azienda tecnologica nel settore dei servizi di pagamento è stato percepito come un rischio per la privacy dei dati e la protezione dei consumatori. La risposta delle autorità di regolamentazione ha portato a un ridimensionamento dei piani della piattaforma di social media, che è passata da una stablecoin globale a un’applicazione più modesta, vale a dire un portafoglio digitale con una disponibilità geografica limitata.
L’annuncio è servito anche come campanello d’allarme per le banche centrali, molte delle quali hanno iniziato a discutere la possibilità di fornire una alternativa pubblica alle valute digitali private. Lo scopo sarebbe creare un sistema di pagamento pubblico, che funga da bene pubblico, come una moneta digitale della banca centrale. Alla luce dell’urgente necessità di fornire sistemi di pagamento sicuri, affidabili e accessibili, le autorità potrebbero anche esaminare altre possibilità, tra cui i sistemi di pagamento veloci al dettaglio. Tali valute sono già state introdotte in alcuni Paesi in via di sviluppo, come le Bahamas, e molti altri stanno avanzando progetti pilota, come la Cina, o stanno studiando la progettazione di tali valute.
Il rapporto finisce con alcune considerazioni sulle politiche, che dovrebbero essere seguite per regolamentare l’uso delle criptovalute nel mondo, sottolineando il fatto che il loro ecosistema è per sua natura globale . Di conseguenza, le risposte normative fondamentali in materia devono provenire dai Paesi sviluppati, nei quali ha sede la maggior parte di questi fornitori. la propria sede centrale.
Le possibili azioni dei Paesi in via di sviluppo
I Paesi in via di sviluppo possono avere meno spazio di manovra ma possono applicare alcune politiche che possono frenare l’ulteriore diffusione dei rischi delle criptovalute e delle stablecoin.
Ad esempio potrebbero richiedere
- La registrazione obbligatoria delle criptovalute e dei portafogli digitali.
- Imporre commissioni d’ingresso per le criptovalute e i portafogli digitali.
- Tassare le transazioni finanziarie per il trading di criptovalute.
- Vietare alle istituzioni finanziarie regolamentate di detenere stablecoin e criptovalute;
- Regolamentare la finanza decentralizzata.
- Limitare o vietare la pubblicità delle criptovalute e dei portafogli digitali negli spazi pubblici e sui social media.
Il rapporto finisce sottolineando che a novembre 2021, 41 Paesi, rispetto ai 15 del 2018, avevano proibito alle banche e ad altre istituzioni finanziarie di trattare le criptovalute o vietato agli exchange di criptovalute di offrire servizi a privati e imprese, e continua sottolineando che “Nove Paesi hanno vietato del tutto le criptovalute ovvero Algeria, Bangladesh, Cina, Egitto, Iraq, Marocco, Nepal, Qatar e Tunisia. Molti altri hanno applicato imposte sul reddito sulle plusvalenze derivanti dal commercio di criptovalute e, infine, gli exchange di criptovalute sono stati sottoposti alla normativa contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo in giurisdizioni come Australia, Bahamas, Grecia, Romania, Filippine e Uzbekistan”.
Conclusioni
Il rapporto dell’Onu sembra preoccuparsi del fatto che con l’uso delle criptomonete possa venire meno il potere di controllo sui movimenti di capitale e lo spazio per manovre di tipo politico da parte dei governi locali, in particolare nei casi in cui esse potrebbero diventare un mezzo di pagamento diffuso e persino sostituire le valute nazionali ufficiosamente: al riguardo il rapporto scrive che si potrebbe “Mettere a repentaglio la sovranità monetaria dei Paesi, in particolare in quelli, dove esiste una domanda insoddisfatta di valute di riserva”e sottolinea che “Il Fondo Monetario Internazionale internazionale ha espresso preoccupazione per i rischi legati all’utilizzo delle criptovalute come moneta legale”.
Questo documento sembra un manifesto politico contrario al mondo delle criptovalute piuttosto che un resoconto della situazione attuale nel mondo di questo nel settore dell’economia . C’è scritto chiaramente che lo il loro impetuoso sviluppo è una minaccia per i governi che, in questo modo, rischierebbero di perdere spazio di manovra politica per fronteggiare eventuali problemi di stabilità economica; ma, invece di suggerire strategie di governo e regolamentazione dell’uso delle criptovalute al fine di prevenire ed evitare questi pericoli, sembra di privilegiare come unica soluzione la severa limitazione o, divieto, del loro utilizzo e la sostituzione della moneta digitale privata, con quella pubblica prodotta dalle banche centrali.
Una presa di posizione di natura politica netta, che va contro la realtà delle cose rappresentata da un settore in costante sviluppo.