E così l’olio extravergine calabrese finì sulla blockchain. Ad Altomonte in provincia di Cosenza in Calabria l’azienda agricola Piro produce un prodotto bio di alta qualità, chiamato “Il Tesoro di Alarico”. L’idea è di Alessandro Fedele che, dopo il percorso universitario, ha deciso di dedicarsi all’attività familiare portando l’innovazione della tecnologia blockchain.
Alessandro, un percorso universitario iniziato al Politecnico di Milano in Ingegneria Edile architettura e proseguito all’università La Sapienza di Roma e, adesso, founder di Alarico, brand di prodotti biologici e promozione territoriale. Come si è sviluppato il tuo percorso ?
In maniera del tutto casuale.La passione per l’azienda, di famiglia da generazioni, l’ho sempre avuta ma per anni sono stato fuori regione per studio e quindi più distaccato. Poi, durante il Covid sono rientrato in Calabria e contestualmente ho iniziato ad interessarmene. Quando non si poteva uscire di casa, andare in campagna era una valvola di sfogo incredibile. Lì ho iniziato a pensare, con la mentalità da ingegnere, a come migliorare i processi produttivi aziendali.

I suoi studi hanno influenzato il suo approccio al settore agroalimentare?
Da un certo punto di vista hanno rallentato il mio approccio al settore agroalimentare. Studiando una materia totalmente differente (ingegneria edile ) i punti in contatto erano pochi. Sicuramente però le competenze acquisite in campo grafico ( photoshop, illustrator, autocad ) si sono rivelate molto utili nell’elaborazione grafica di Alarico. Così come la predisposizione mentale da ingegnere per la standardizzazione dei processi produttivi.
In quel periodo di crisi pandemica mi sono reso conto di alcune potenzialità aziendali inespresse: fino a quel momento le olive venivano vendute all’ingrosso, commercializzando una piccolissima parte ad amici e parenti. L’intento iniziale di Alarico era proprio quello di creare un brand per ridurre la parte di vendita all’ingrosso aumentando quella di vendita diretta rivolgendomi a negozi e ristoranti. Ma Il brand Alarico sin da subito ha assunto un intento duplice : forte di un nome importante, simbolo di una leggenda millenaria collegata al Re visigoto Alarico ed al suo enorme tesoro sepolto nel greto del fiume Crati a Cosenza, alla parte di commercializzazione volevo affiancare una parte di promozione territoriale ed enogastronomica, favorendo la riscoperta dei “tesori” inespressi del territorio, da quelli alimentari a quelli paesaggistici.
Come è nata l’idea del brand “Alarico” per l’olio extravergine di oliva?
Il settore agroalimentare potrebbe diventare un volano di sviluppo economico per la Calabria? Se si, cosa ha impedito ad esso di esserlo fino a questo momento?
Sicuramente può esserlo e già in parte lo è. Basti pensare all’nduja o alla cipolla di Tropea. Vi sono però tantissime altre produzioni di nicchia uniche a livello mondiale. Basti pensare al cedro, al bergamotto, alla liquirizia. Non tutti sanno ad esempio che la Calabria è la seconda produttrice italiana di Olio di Oliva. Tuttavia molta di questa produzione viene venduta all’ingrosso ad altre regioni che poi lo imbottigliano a marchio proprio. Un problema è sicuramente la scarsa cooperazione tra aziende che è una caratteristica endemica del territorio calabrese. Anche se tra noi giovani la mentalità è molto differente ed aperta alle alleanze strategiche.
Quali sono i progetti di sviluppo del brand “Alarico”? i suoi obiettivi, le sue aspirazioni?
Gli obiettivi sono tanti. Sicuramente mi sono reso conto che c’è tanta bisogno di un racconto della Calabria differente. Sia dal punto di vista enogastronomico che turistico. Molto spesso siamo noi stessi calabresi a non renderci conto dell’enorme potenzialità del nostro territorio. Proseguire nella promozione delle materie prime di qualità, non solo olio, affiancandoci anche gli aspetti nutrizionali e nutraceutici unitamente alla comunicazione digitale tramite nuove tecnologie (blockchain, social, etichette parlanti). Il concetto alla base è che “Mangiare calabrese” è più buono e più sano. A questo si aggiunge il tema dell’ospitalità : poter rendere i turisti ambasciatori dei nostri prodotti e viceversa sfruttare i nostri prodotti per attrarre i turisti a visitare le nostre aziende, le nostre tradizioni.

Olio Alarico e blockchain, ci spiega questo connubio?
L’olio, a differenza del vino, ha avuto per anni una spazio marginale nella comunicazione enogastronomica. Anche il rapporto fra produttori e consumatori è stato mal interpretato e ciò ha portato i consumatori a non comprendere la differenza tra un olio di qualità ed un olio di provenienza estera o lavorato in maniera errata. L’utilizzo della blockchain ad oggi invece è un ottimo strumento per consentire al consumatore di avere una conoscenza a 360 gradi della filiera produttiva : dalla potatura alla raccolta, passando per la molitura ed infine l’imbottigliamento. Ogni passaggio è tracciato con data e quantitativi. Fermamente convinti che ogni prodotto è collegato al territorio di provenienza con Alarico siamo oltre la mera tracciabilità dell’olio : tramite il QR code, realizzato in collaborazione con Trusty (Startup di blockchain) by Apio Srl) presente sia in etichetta che sul collarino della bottiglia forniamo informazioni sui Borghi di Altomonte e di Cosenza e sulla leggenda di Alarico.

La tecnologia blockchain, a tuo giudizio, potrebbe favorire lo sviluppo del tuo brand e, in generale, aiutare lo sviluppo del territorio calabrese? Se sì, in che modo?
Assolutamente si! La tecnologia blockchain può essere uno strumento fondamentale per lo sviluppo del settore agroalimentare e turistico calabrese e per una ragione molto semplice: l’accelerazione tecnologica di questo momento storico sta cambiando i paradigmi tecnologici e culturali.
Chi produce, chi trasforma, chi distribuisce, chi vende e chi consuma sono sempre più ravvicinati grazie alla blockchain.
Agricoltura e tecnologia, due mondi apparentemente lontani, sono ad oggi incredibilmente vicini e la Calabria può essere il traino di un movimento di riscatto Meridionale che fa dell’” arretratezza “ un motivo di orgoglio. Specialmente nel mondo del turismo enogastronomico questa arretratezza è ad oggi un vantaggio : natura incontaminata, tradizioni rimaste intatte nei secoli, cultura enogastronomica totalmente inespressa fanno della Calabria uno dei territori che meglio sposano l’idea di turismo slow. Sentiremo molto parlare di Calabria nei prossimi anni, ne sono convinto.