Grazie all’esplosione della popolarità (e del prezzo) di una nuova criptovaluta chiamata PEPE le meme coin sono tornate sulla bocca di tutti. In questo articolo analizzeremo proprio PEPE per capire come mai non vi farà diventare ricchi, i suoi punti deboli e la correlazione con altri progetti simili.
Stiamo parlando di coin completamente anonime, senza alcuna utilità, pompate artificialmente con adv su social e in cui sostanzialmente guadagnano i primi, pochissimi, entrati all’inizio a scapito dei tantissimi polli arrivati alla fine.
Ma non ricorda anche a voi uno dei classici schemi Ponzi che voi lettori di Decripto conoscete bene?
Breve storia delle meme coin
Una meme coin è una criptovaluta che ha avuto origine da un meme di internet o ha altre caratteristiche che la rendono “divertente” e senza una reale utilità. La prima meme coin degna di questo nome è Dogecoin, lanciata alla fine del 2013 come scherzo di alcuni sviluppatori, ha ispirato il movimento (grazie all’endorsement di Elon Musk) esploso durante la bull run del 2021 dove sono nate: Shiba Inu, Floki, Dogelon Mars e tante altre. Nel 2021, le pubblicità sui bus londinesi della meme coin Floki a Londra hanno portato a successive indagini sulla promozione perché considerata un prodotto finanziario non regolamentato dall’ASA (Advertising Standards Authority).

Alcuni paesi hanno adottato misure per regolamentare le memecoin. All’inizio del 2021, la Securities and Exchange Commission della Thailandia le ha vietate come parte della lotta agli asset digitali senza “obiettivi o sostanza”.
Breve storia di PEPE
Lanciato a metà aprile 2023, PEPE è una meme coin senza nessuna utilità che su Twitter si descrive come “la più memabile esistente”, il suo circolante è infatti di 420.690.000.000.000, chiaro riferimento al 4/20, data simbolo della cannabis culture e spesso oggetto di meme anche da parte di Elon Musk.
Si basa su Pepe the Frog, originariamente creato da Matt Furie nel 2005 e associato al movimento politico alt-right. Come diversi altri token basati su Pepe the Frog, PEPE non ha una connessione ufficiale con Furie o il personaggio del cartone animato originale.

Grazie a diversi tweet diventati virali, dove si facevano notare gli enormi guadagni di alcuni trader su questa nuova moneta, la popolarità del token è esplosa facendo raggiungere la posizione numero 40 delle criptovalute più capitalizzate.
Contratto, capitalizzazione e analytics
Dopo aver accennato alla storia di PEPE e del fenomeno meme coin analizziamo le caratteristiche tecnologiche e i trend di mercato della criptovaluta del momento.
PEPE vede la luce il 14 aprile 2023 con la creazione del token e conseguente listing su UniSwap e in una sola settimana arriva a capitalizzare circa 134 milioni di dollari. Il prezzo inizia però a crescere in maniera esponenziale “solo” tra il 30 aprile e il 1 maggio, dove in due soli giorni si registrano più di 100.000 trade del token.
L’enorme successo riscontrato ha portato tutti i maggiori exchange a listare il token o dei suoi derivati, il 4 maggio anche Binance (il più grande CEX al mondo) annuncia lo sbarco di $PEPE sulla sua piattaforma. L’euforia generata si trasforma in una seconda ondata di acquisti di massa che generano un pump del prezzo che tocca livelli che non vedevamo dalla bull run del 2021. In soli 20 giorni la moneta cresce di quasi l’8000%, toccando il massimo storico il 5 maggio 2023, raggiungendo quasi 2 miliardi di dollari di capitalizzazione e arrivando ad avere 140.000 holder.

Lo smart contract (0x6982508145454ce325ddbe47a25d4ec3d2311933) che troviamo principalmente su rete Ethereum (anche se, come vedremo, è presente anche su altre chain) è, come ogni contratto, open source e visibile a tutti (link).
Secondo il tool di analisi TokenSniffer non ha al suo interno codice malevolo che da ai suoi creatori poteri speciali, non ha clausole di stop alle vendite (causa di un honeypot) ed è sufficientemente liquido su Uniswap (dove attualmente si eseguono il 99.9% dei trade su DEX). Il rischio di non riuscire a vendere in una situazione di panic selling generale però rimane. Ad oggi (9 maggio 2023) i volumi giornalieri sono di gran lunga maggiori della liquidity pool su UniSwap, che contiene solo 5 milioni di dollari.
Chi sono gli holders?
Il più grande pericolo di PEPE è sicuramente la distribuzione dei token, enormi whale (grossi investitori) detengono una grandissima quantità di moneta con enormi profitti non ancora realizzati.
Una situazione di questo genere può portare ad una grossa pressione di vendita in caso gli holder decidessero di realizzare il profitto, usando come liquidità i soldi egli ultimi investitori, spesso attirati dalle possibilità di enormi guadagni. La conseguenza può essere solo un crollo verticale del prezzo che, accentuato sicuramente da panic selling, arricchirebbe le grosse whale lasciando i piccoli investitori a mani vuote. Cosa che infatti si sta puntualmente verificando in queste ore.
Come possiamo osservare dai dati di EtherScan (al momento della stesura) il 20% circa del totale dei token è in mano a piattaforme centralizzate (l’11% è in mano a Binance) che ne gestiscono la liquidità utile per gli scambi, con il rischio però di un eventuale de-listing in caso di problemi (con conseguente vendita in blocco).
Il problema però non risiede solo nell’enorme quantità di token detenute dai CEX. Se guardiamo ai primi 100 holders notiamo come essi detengano più del 50% del totale circolante (precisamente 50.7%), se invece osserviamo i primi 500 la percentuale sale al 67%.
Attualmente PEPE ha 103.424 holders, di questi lo 0.4% (500 indirizzi) controlla quasi il 70% della circolante, i restanti 99.6% possono quindi solo stare in balia di queste poche centinaia di persone. Di cui ovviamente non sappiamo nulla e che quindi potrebbero nascondere qualsiasi attività, legale o illegale.

Ma non è finita qui, secondo un’analisi del blog “An Ape’s Prologue”, ci sono diversi indirizzi con transazioni che fanno pensare a inside trading da parte di developer o persone vicine al progetto.
Dai dati on chain è infatti emerso che pochi wallet appena creati hanno acquistato enormi quantità di PEPE poco prima dell’inizio dei trade su UniSwap, realizzando profitti milionari con investimenti di poche centinaia di dollari.
Tra i casi più clamorosi c’è sicuramente quello di 0x4a2C78 che acquista 5.9T di $PEPE per 260$ il 14 aprile. Dal 19 aprile inizia a vendere gradualmente i suoi token terminando, per ora, il 5 maggio. Ha attualmente realizzato un profitto di quasi 4 milioni di dollari pur detenendo ancora nel suo wallet 6 milioni di dollari in $PEPE.
Secondo un’analisi on chain l’indirizzo con cui è stato creato il token PEPE e 0x4a2C78 sono in realtà collegati, aumentando i dubbi su inside trading e manipolazioni del prezzo da parte dei creatori della moneta.

I precedenti e le altre meme coin
Come accennato in precedenza la storia di PEPE è solo l’ennesima di una meme coin che diventa virale, fa arricchire poche persone e ne lascia a mani vuote molte altre. Escludendo Dogecoin, nata realmente “per scherzo” da un fork di Bitcoin e diventata virale grazie ad Elon Musk, vedremo come le altre popolari meme coin abbiano avuto un andamento che ricorda molto quello di PEPE.
Come possiamo notare nei grafici sotto il prezzo di Shiba Inu, Floki e Dogelon Mars segue sempre lo stesso trend: per primi entrano gli insider, i creatori del progetto o persone vicine a loro che comprano grandi quantità di token per pochi dollari. Successivamente, attratti da un rapido pump del prezzo (dovuto dalla bassa capitalizzazione), entrano i trader, con investimenti solitamente un po’ più consistenti.
Se il prezzo dovesse reggere la spinta rialzista e il token, grazie ad un buon marketing, dovesse diventare virale e arrivare alla conoscenza dei più, si arriva al terzo ed ultimo stadio prima del dump: quello degli investitori retail, che con poche conoscenze e attratti solo da lauti guadagni e dalla FOMO, scommettono sulla meme coin fornendo solo liquidità per le vendite di chi era entrato prima. Esattamente come un Ponzi.



Come possiamo facilmente notare dall’andamento dei prezzi tutte le meme coin hanno subito un netto ridimensionamento passata la fase euforica iniziale. Shiba Inu, Floki e Dogelon Mars hanno infatti perso circa il 90% dai loro massimi.
Gli effetti sulla rete Ethereum e l’esplosione delle meme coin su Bitcoin
L’enorme successo portato dalla nuova ondata di hype sulle meme coin ha impattato notevolmente sulle blockchain dove i token sono stati creati.
Ethereum ha visto il prezzo delle gas fees (le commissioni di transazione) aumentare in modo esponenziale, crescendo anche del 600% rispetto al mese precedente. Con il passaggio a Proof of Stake Ethereum ha introdotto il burning delle fees di transazione, rendendo di fatto deflazionistico il token Ether.

L’enorme mole di transazioni ha dato una notevole spinta a questo processo, se la rete fosse sempre così congestionata avremmo una perdita di circa 3 milioni di Ether all’anno, un dato sicuramente positivo.
Anche le staking rewards sono aumentate come conseguenza dell’aumento delle fee di transazione. Siamo infatti passati da 4.4% su base annua i primi di aprile a 8.6% i primi di maggio.

L’esplosione delle meme coin non ha però coinvolto solo Ethereum, per la prima volta infatti, anche Bitcoin è stato usato per la creazione e lo scambio di questi token senza utilità.
Grazie al protocollo Ordinals (qua trovate un articolo che spiega come funziona) è stata introdotta la possibilità di creare token fungibili all’interno della rete Bitcoin. L’effetto novità e la speculazione hanno contribuito alla nascita di più di 10.000 token diversi e al raggiungimento di mezzo miliardo di capitalizzazione in due mesi dalla nascita del protocollo.
Tra questi, PEPE è il secondo token per market cap, con volumi giornalieri che si attestano intorno ai 90.000$.
Questo ha portato ad una maggior richiesta di spazio nei blocchi con conseguente intasamento della mempool (la “piscina” dove vengono raccolte tutte le transazioni in attesa di conferma), mentre scriviamo (9 maggio 2023) ci sono infatti 387.000 transazioni in attesa e le commissioni sono schizzate a prezzi che non vedevamo dal 2021.

Conclusioni
Gli investimenti in meme coin, dette anche shit coin non a caso, sono estremamente rischiosi e non avendo quest’ultime una reale utilità sono equiparabili alle scommesse o a un gratta e vinci ma con molta meno trasparenza e garanzie. La FOMO (paura di rimanere fuori) può far grossi danni e in pochissimi diventeranno veramente ricchi a scapito degli altri. Con diverse analogie quindi con i progetti truffaldini che quotidianamente analizziamo su Decripto.
Il listing su Binance e su altri grossi exchange conferma come questo settore non voglia fare un passo in avanti verso una maggior maturità. Permettendo lo scambio di token anonimi e inutili, creati chissà da chi, su exchange popolari con milioni di utenti, si sdoganano questi comportamenti dannosi per gli investitori. Ovviamente i guadagni per le piattaforme sono enormi sul brevissimo periodo, ma sul lungo periodo si rischia di perdere autorità, credibilità e fiducia, merce rara e fondamentale in questo settore.