E se fosse stato tutto davanti ai nostri occhi fin dall’inizio? Se fosse bastato osservare la Natura per capire quale fosse la miglior organizzazione di un sistema complesso, anzi, enormemente complesso, come quello degli esseri viventi e dell’ambiente?
Del resto, la Natura, un Ceo, un consiglio di amministrazione, un presidente, non ce l’ha e non ce l’ha mai avuto, eppure funziona perfettamente. Anzi, se ci pensate un secondo, è la più grande “azienda” del mondo. Quella con gli asset più preziosi. Quella con il valore più alto, anche secondo Ernst Friedrich Schumacher, il filosofo ed economista tedesco che per primo parlo di “capitale naturale”. Eh già, quanto vale la Natura? Quanto vale il mondo? Recentemente è stato valutato: 125 trilioni di dollari all’anno, pari al 160% del prodotto interno lordo globale.
Mi perdonino i credenti del Dio creatore dell’universo in 6 giorni, prima di riposarsi il settimo, creando per altro anche un modello inefficiente come quello della settimana lunga. Ma è così. La Natura un capo, una centralità, non ce l’ha. Non l’ha mai avuta e non l’avrà mai. E i risultati sono stati incredibili.
Piuttosto si basa su altri concetti, altri sistemi, lontani dal capitalismo, piuttosto vicino al distribuzionismo. L’acqua, l’aria, le prede, le piante, i foraggi, le risorse insomma la natura non le ha messe nelle mani di qualcuno che le gestisse. Le ha distribuite e seminate ovunque, prima che l’uomo cominciasse sistematicamente a distruggerle quando non riusciva ad accaparrarsele.
La Natura si auto organizza e lascia spazio per organizzarsi. È decentralizzata. Ogni specie, ogni razza, ogni mondo, animale o vegetale che sia, vive, gestisce le risorse che ha a disposizione, senza doverle togliere ad altri. Prende qualcosa dall’ambiente e restituisce qualcos’altro. Nessuno dà ordini dall’alto, i cambiamenti avvengono sempre dal basso.
Non c’è un regolamento, non ci sono autorizzazioni e divieti. Non c’è controllo. Il controllo è l’equilibrio, la sistematicità, l’efficienza, l’utilità. Il controllo che fanno gli uni sugli altri. I sistemi limitrofi tra loro. E se qualcosa non sta andando per il verso giusto, intervengono. In maniera palese, in modo che lo vedano tutti. Esattamente lo stesso meccanismo della blockchain, no?
Le analogie tra natura e decentralizzazione/blockchain sono tante e molto affascinanti. Senza contare poi che, grazie proprio alla tokenizzazione, le community potranno autonomamente dare un valore, quantificabile, a cose che prima non si potevano “monetizzare” per avendo un valore enorme, come appunto l’ambiente, l’aria, il riciclaggio dei rifiuti, il colibrì dell’amazzonia o qualsiasi altro bene che non si può vendere così com’è. E le applicazioni, già in corso, sono moltissime, dagli Nft che finanziano la piantumazione di alberi contro il riscaldamento globale come Nftree, ai token che incentivano il riciclaggio della plastica, tipo Plastiks.io. Del resto la tokenizzazione non nasce con la blockchain. Il token, anche in psicologia, da sempre, non è altro che un “gettone” di rinforzo per un comportamento positivo, virtuoso e costruttivo.
Un domani, non troppo lontano, insomma, potremmo decidere noi a cosa dare valore e quanto ne ha. Quali comportamenti premiare, che a quelli da disincentivare ci pensano già (male) leggi, istituzioni e forze di polizia. Non è solo il mercato a decidere, o la scarsità del bene, o i capricci di un mondo occidentale così viziato e annoiato.
Investire vorrà dire proteggere. Acquistare vorrà dire far parte. Vivere vorrà dire credere. Ed evolvere. Così come fa la natura. Del resto la stiamo studiando da secoli e anche negli ultimi anni, settori estremamente all’avanguardia, come la scienza dei materiali e le nanotecnologie, la guardano e la spiano in ogni modo. Insomma, basta solo che copiamo.