Ragazzi, non lo dico per interesse personale, ma mai come in questo momento abbiamo bisogno di un giornalismo di qualità, nel web3 e non solo. Ormai è diventato impossibile distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è. Bot, deep fake, profili clonati, spam sono i nemici più facili da combattere. Le menzogne più pericolose e durature, invece, sono molto più subdole. Un nome storpiato che assomiglia a uno famoso, paroloni roboanti, sigle inesistenti, fiumi di autoreferenzialità, video emozionali ben montati, sono già gatte più difficili da pelare. Se poi ci aggiungiamo articoli sponsorizzati, quindi pagati, pubblicati su testate quotate e conosciute senza la dovuta differenziazione dal giornalismo “libero”, ecco che per l’utente medio inizia a essere praticamente impossibile difendersi dai fake. Se la blockchain potrà aiutare nel fact checking e a salvare i giornali lo scopriremo presto.
In redazione non c’è tempo
Purtroppo, dall’altra parte, redazioni piene di colleghi valorosi non hanno il tempo di scavare in questo mare magnum di fuffa, bugie e minchiate a raffica nel totale disprezzo dei fatti e della verità. Che poi non serve nemmeno scavare, basta una mini ricerca su Google, incrociare qualche dato, cercare qualche curriculum, farsi due domande ed ecco che i palchi cadono. Come un soffio libera un libro impolverato.
Ma non lo fa più nessuno, ed è un peccato, perché c’è tanto da divertirsi, sia per i cronisti, sia per i lettori che meritano un po’ di rispetto, anche solo per il tempo che ci regalano. Ma non lo fa più nessuno, nel Web3 ma non solo, per varie ragioni. Innanzitutto non c’è tempo, l’altare è quello della produttività, dei numerini che aumentano o diminuiscono. Due, tre, articoli in un’ora sono sempre meglio di uno in tre ore. Verificare le fonti? Accuratezza delle informazioni? Cose del secolo scorso. Inchieste approfondite, magari in team? Chiamate la neuro.
I motivi della crisi dei giornali
Metteteci poi che i giornali, in particolar modo i direttori dei giornali, devono pure campare, senza troppe rotture di scatole. Perché sì, è verissimo, come si diceva nel film su Siani, “le notizie sono rotture di cazzo”. E quante ne puoi gestire? E quante querele può prendere un editore prima di accorgersi che il gioco non vale la candela? Quanti contratti pubblicitari puoi vedere revocati, immolati all’altare dell’informazione libera, prima di mandare via le persone?
E non parliamo poi della lunga, lunghissima, mano della politica che sposta le poltrone nella Rai e influenza, a braccetto con il potere economico, quasi tutte le direzioni di tutti gli altri grandi media italiani. Quindi va bene il “giornalismo” basta che non disturbi il manovratore, che si scateni su Hilary, Francesco, Aurora, Michelle, e non dia fastidio.
Lettori poco informati e critici
No, non può andare avanti così. Abbiamo bisogno di giornalisti e giornalismo. Gente che faccia le domande giuste e scomode, prima di preoccuparsi di avere un tesserino. Cronisti di una volta, che non guardano in faccia a nessuno, che restino perplessi e incuriositi da una realtà che, se troppo assurda, probabilmente non è la realtà, che la verità non supera mai le aspettative.
Il web 3 è forse il settore in cui oggi si vede di più questa sanguinosa mancanza. Orde di truffatori sono liberi di usare la scusa della “blockchain”, di cui spesso non sanno nulla, per fare carne da macello di utenti poco informati e critici, ma non per colpa loro. Li abbiamo lasciati soli, i giornalisti non hanno tempo, sacrificando all’utile il vero senso di un mestiere meraviglioso, forse il più bello.
La blockchain può salvare l’editoria?
Ma il web3 e la blockchain vogliono dire anche nuove soluzioni e per un mercato moribondo come quello dell’editoria italiana, non più sostenibile, che ha perso l’autorevolezza che lo rendeva ciò che era. Certo, c’è da cambiare testa e cambiare pelle ancora una volta. Dopo le rivoluzioni del Web1 e del Web2, con il Web3 si va verso un’altra frontiera sconosciuta, radicale e promettente.
Se il Web1 era la scrittura, il Web2 l’interazione, il Web3 è il possesso. E cosa vuol dire applicato ai giornali? Dare possesso alla community dei lettori delle testate che loro stessi hanno contribuito a creare? Dargli peso, come veri azionisti, interpellati quotidianamente anche nelle scelte editoriali del giornale? Sarà forse questo il primo giornale decentralizzato della storia? Riusciremo davvero a vedere un giornale in cui le scelte non passino più attraverso le poche, corruttibili, mani di una ristretta cerchia ma attraverso dibattiti pubblici tra chi quel giornale l’ha letto, gli ha creduto e ora lo possiede? Partecipando anche agli utili?
Un’altra rivoluzione in arrivo
Che i giornali siano pronti o no, dovranno, di nuovo, partecipare a una rivoluzione, oppure opporsi, come molte volte capita all’alba di nuove tecnologie. Chiudersi ancora di più o aprirsi, tornare a quello che erano, i cani da guardia dell’informazione, “unico padrone: il lettore”. Avrebbe dovuto rimanere così, e ora abbiamo la possibilità di ristabilire un Quarto potere degno di questo nome. Deresponsabilizziamo un singolo essere umano, che tutti abbiamo famiglia, dall’accollarsi scelte potenzialmente pericolose, che di uomini soli al comando non ne abbiamo più bisogno. Decentralizziamo le verticistiche e militaresche redazioni. Apriamo, condividiamo, in trasparenza, per riportare il potere nelle mani di chi legge, non dei click, non delle adv, non del senatore. La blockchain allora può davvero salvare i giornali.
Il Web 3 ci porterà tutto questo. Darà valore a cose a cui, con Internet strutturato come lo è oggi, non possiamo dare. Cosa accadrà quando un giornale avrà una Dao? Come cambieranno gli articoli e i servizi quando il tuo capo non è più un cinico e svogliato capo redattore, ma mille o diecimila lettori incalliti, cazzuti, colti e puntigliosi che passano al setaccio ogni riga, ogni clip e la votano, la bocciano, la promuovono. E danno i voti, e le ricompense ai giornalisti, e propongono le inchieste (non penso mirerebbero a saperne di più di ex veline ed ex calciatori), e creano dibattito, incontro, vita. Perché ora oltre che semplici lettori sono i proprietari, gli unici, di quella testata.