A volte anche i “buoni” sbagliano o hanno voglia di sbagliare. Per chi è nato tra gli anni 70 e 80 Greenpeace è per definizione una organizzazione che si trova sempre “dalla parte giusta”, ma negli ultimi tempi questo sembra non valere più. Un anno fa Greenpeace Usa ha lanciato la campagna “Change The Code” per spingere Bitcoin a cambiare il suo codice software al fine di utilizzare molta meno energia. E’ notizia di questi giorni che per dare visibilità a questa battaglia è stata commissionata un’opera d’arte al fine di evidenziare l’impatto della più importante criptovaluta al mondo sul clima
Some climate activists think #Bitcoin is just fake internet money they can safely ignore.
— Greenpeace USA (@greenpeaceusa) March 23, 2023
The truth? Bitcoin is causing dangerous amounts of real-world pollution from its ravenous consumption of fossil fuels, all due to its outdated code.
The solution? #ChangeTheCode pic.twitter.com/7wa7BMCzV5
L’installazione artistica realizzata da Benjamin Von Wong è alta 11 piedi e presenta pile fumanti che “rappresentano”- ha spiegato l’autore –“l’inquinamento da combustibili fossili e carbone generato dall’estrazione di Bitcoin, occhi ornati da loghi di Bitcoin e laser rossi e cavi che sporgono dal collo”.
Le ironia dei Bitcoiner
“Non vedo l’ora di comprare questo teschio e metterlo accanto al generatore di gas naturale che alimenta una delle mie miniere di bitcoin off-grid”, ha commentato Marty Bent, fondatore della società di media Bitcoin TFTC, nel video che mostra il processo di creazione dell’installazione.
Can’t wait to buy this skull and plop it next to the nat gas generator powering one of my off grid bitcoin mines. https://t.co/cqGz3dX2Qz
— Marty Bent (@MartyBent) March 24, 2023
Molti hanno accolto con ironia l’installazione, alcuni definendola “tosta” e addirittura usandola come nuova immagine del profilo. L’elemento artistico principale, il teschio vero e proprio ribattezzato “Skull Satoshi”, è realizzato con rifiuti elettronici donati da Unirecycle, “che rappresentano”- ha sostenuto l’autore-“ i milioni di computer utilizzati per convalidare le transazioni Bitcoin, il cosiddetto mining”. Anche questo aspetto dell’installazione è stato deriso dagli appassionati di criptovalute.
“Sembra che Greenpeace non sia riuscita a procurarsi un solo circuito stampato ASIC Bitcoin per la sua propaganda. Sono tutte schede madri di computer generici, alcuni dissipatori di calore per CPU, un paio di vecchi NIC PCI Ethernet, forse qualche vecchia GPU pre-Bitcoin? Esilarante”, ha scritto notgrubles chiedendo se Greenpeace stia demonizzando l’energia nucleare ora.
It appears Greenpeace was unable to source a single Bitcoin ASIC PCB for their propaganda. It’s all general purpose computer motherboards, some CPU heatsinks, a couple old af PCI Ethernet NICs, maybe some old af pre-Bitcoin GPUs? Hilarious. pic.twitter.com/XGNzpXl5EL
— magic internet moneyist (@notgrubles) March 23, 2023
Molti esponenti della community del Bitcoin hanno fato notare che il processo di modifica del Bitcoin è aperto, poiché anche il codice è open-sourced. Gli individui, tra cui Green Peace, devono solo raggiungere il consenso degli sviluppatori dopo aver presentato una Bitcoin Improvement Proposal, o BIP. Da lì, la proposta dovrà conquistare anche la comunità dei minatori, convincendoli a operare con il nuovo software aggiornato. Ma come nel caso della famigerata guerra delle dimensioni dei blocchi, una battaglia durata anni per aumentare la quantità di dati memorizzabili in ogni blocco di Bitcoin, modificare il codice della rete è più facile a dirsi che a farsi.
“Chiunque può cambiare il codice. Proprio come chiunque può cambiare le regole degli scacchi”, ha risposto uno dei commentatori. “Fate pure, buona fortuna nel trovare qualcuno con cui giocare”.
Anyone can #ChangeTheCode.
— Ian Forbes (@ianforbes21) March 24, 2023
Just like anyone can change the rules of chess.
Go ahead, good luck finding anyone to play with. https://t.co/TB7tiUWNYq
Von Wong ha anche twittato: “PoS non funzionerà mai per Bitcoin. Va contro la sua etica decentralizzata!”.PoS non funzionerà mai per Bitcoin. Va contro il suo ethos decentralizzato! Detto questo, mi rifiuto di credere che nessuno sul pianeta possa proporre un aggiornamento più efficiente dal punto di vista energetico. non so cosa sia; ma prima dobbiamo creare domanda!
Totally agree with you! PoS will never work for Bitcoin. It goes against its decentralized ethos!
— Von Wong (@thevonwong) March 23, 2023
That being said, I refuse to believe that nobody on the planet can come up with a more energy efficient update. I don’t know what it is; but we need to create demand first! https://t.co/CDxhXEV0Op
Gli ha risposto un untente che si è chiesto “Chris Larsen sta pagando @thevonwong anche per questo? Vedo che è un tipo da Solana, che non è affatto come il bitcoin”.
Is Chris Larsen Paying @thevonwong for this too? I see he is a Solana guy which is NOTHING like bitcoin.
— Derpyderp (@Derpitor) March 23, 2023
"Proof of Stake" is not the solution. It has been tried and the consensus mechanism in this will make it more susceptible to attacks. Good money needs good security.
Le opacità della campagna “Change The Code”
Il cofondatore di Ripple Chris Larsen ha donato 5 milioni di dollari per la campagna di Greenpeace. Molte delle critiche si concentrano sulla sua reputazione. Ripple è stata, infatti, coinvolta in una causa promossa dalla Securities and Exchange Commission (SEC) statunitense per la vendita di XRP, che la commissione considera un titolo non registrato. La maggior parte dei leader del settore sospetta il vero motivo di Larsen. Sebbene sostenga di agire a titolo personale, la sua affiliazione a Ripple ha portato molti a dubitare delle sue reali intenzioni nei confronti del Bitcoin.
La migrazione del Bitcoin verso il PoS sarebbe piena di rischi
Inoltre, molti esperti sostengono che una eventuale migrazione del Bitcoin dal proof of work a qualsiasi altro modello di consenso sarebbe piena di rischi e renderebbe necessaria una riprogettazione completa dell’intera rete perché sarebbe richiesta la modifica dei parametri tecnici su cui esso si basa. La migrazione a Ethereum 2.0, che Larsen cita come esempio, non è una continuazione diretta della catena Ethereum. Si tratta invece di una transizione completa a un nuovo sistema, dato che la Beacon Chain ha funzionato parallelamente alla mainnet di Ethereum per diversi anni. La transizione è stata gestita con attenzione e ha richiesto anni di sforzi.
Un altro sostenitore di Bitcoin, Gigi, ha affermato che PoW è necessario affinché Bitcoin goda della sua attuale sicurezza e sia efficace per la risoluzione dei conflitti. Ha sostenuto che PoS non è solo insicuro. Ma “senza PoW, qualsiasi sistema diventerà politico, spostando la risoluzione dei conflitti su un quorum”.
Conflicts will always arise in a decentralized system. Because of communication delays on one hand, malice on the other. Free money, hello?
— Gigi ⚡🧡 dergigi.com/nostr (@dergigi) March 29, 2022
And: conflicts are absolutely inevitable because there is a speed limit to how fast information can travel! https://t.co/aqCjtLvMrS
Anche Jyn Urso, ricercatrice presso il Bitcoin Policy Institute, ha sfatato le affermazioni di Greenpeace e ha accusato le ONG che si occupano di clima di lavorare con il sistema finanziario tradizionale per giocare sulle emozioni di coloro che si preoccupano dei cambiamenti climatici. Nel thread su Twitter, Urso ha affermato che il PoS dà potere solo ai più ricchi. Ha aggiunto che “se vogliamo seriamente la giustizia ambientale, allora dobbiamo iniziare con l’equità economica. E solo il PoW lo garantisce”.
Climate change is the greatest crisis that humanity has faced. Blaming Bitcoin’s PoW instead of the existing financial system and their addiction to fossil fuels is missing the forest for the trees. I’m calling out @Greenpeace for being complicit in this climate denialism. 2/
— jyn urso (@jyn_urso) March 29, 2022
I falsi miti
La campagna “Change the Code” ha un sito internet www.cleanupbitcoin.com . I sostenitori del Bitcoin hanno creato il sito www.bitcoincleanup.com nel quale si smontano i falsi miti su cui essa si fonda.
Mito: il Bitcoin consuma tanta energia quanto il <paese>.
Non esiste alcuna correlazione tra il prezzo del Bitcoin e il suo utilizzo di energia (vedere What determines Bitcoin’s Price? di Investopedia. L’uso di energia non è elencato tra i fattori).
- I settori IT, aereo, automobilistico, dei trasporti e altri devono utilizzare grandi quantità di elettricità per i centri dati, per la produzione di sostanze chimiche o combustibili o per il riscaldamento, al fine di fornire i loro servizi. Lo stesso vale per il Bitcoin.
- Il Bitcoin ha bisogno di utilizzare molta energia affinché il suo Proof of Work possa impedire agli hacker di rubare i bitcoin dei cittadini. Finora è andata benissimo, rispetto a diverse monete Proof of Stake, che sono state violate con attacchi del 51%.
- Alcune persone affermano: “Sappiamo che la crittografia non ha bisogno di molta energia per funzionare”. Si tratta di un’affermazione molto ignorante, perché la libertà dalla censura è possibile solo in Proof of Work – le transazioni possono ancora essere bloccate in altri algoritmi.
Caso di studio: L’elettronica americana consuma più energia del Bitcoin
Nel 2019, il Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index (CBECI) ha raccolto dati che dimostrano che i dispositivi tenuti in standby (modalità sleep), nei soli Stati Uniti, consumano tanta energia quanto la rete Bitcoin in un intero anno. Immaginate il consumo di energia quando sono in funzione. O quando si aggiungono i dispositivi di altri Paesi. O quando si analizzano i dati di quest’anno.

Mito: Proof of Stake è la soluzione ai problemi di mercato
- Il Proof of Stake (PoS) utilizza molta meno energia del Proof of Work (PoW). Tuttavia:
- Proof of Stake aumenta il rischio di centralizzazione – I primi due pool di staking controllano quasi il 50% delle monete staked tra loro*, aumentando il rischio di censura delle transazioni.
- I partecipanti allo staking non possono semplicemente interrompere lo staking con un pool malintenzionato, perché è probabile che il pool abbia più criptovalute per compensare la perdita. Questo non può accadere in Proof of Work.
- È probabile che le società responsabili dei pool di staking possano appropriarsi indebitamente dei fondi per garantire i prestiti. Se questi prestiti non vengono onorati, si potrebbe perdere la propria criptovaluta per bancarotta.
Al contrario, Proof of Work ha dimostrato di essere resistente alla censura:
- I minatori possono facilmente prevenire gli attacchi del 51% abbandonando i pool di mining che diventano troppo grandi – questo ha impedito la centralizzazione in almeno un’occasione.
- L’Hashpower non è denaro, quindi i pool di minatori non possono appropriarsene per altri usi.
- I minatori possono interrompere le loro operazioni in qualsiasi momento.
Il mining di Bitcoin ha il potenziale per incentivare altre industrie a passare all’energia verde.
Il Bitcoin migliora l’efficienza dell’industria energetica. Può aiutare a prevenire il Renewable Curtailment e a rendere redditizia la cattura di gas altrimenti destinato a essere bruciato nel gas flaring, incoraggiando i produttori a ridurre le emissioni di carbonio. I progetti energetici a basse emissioni di carbonio, come l’idroelettrico, il nucleare o le rinnovabili, possono essere resi redditizi vendendo l’energia prodotta in eccesso al mining di bitcoin. Gran parte dell’energia prodotta non viene utilizzata correttamente, in parte perché viene sprecata in modi non redditizi, come la dispersione nelle reti o la dispersione termica nei motori endotermici. In parte perché viene prodotta in luoghi o momenti in cui l’energia non è necessaria, come nelle centrali elettriche e nelle centrali nucleari off-peak. In questo spazio, Bitcoin può dare un enorme contributo utilizzando in modo efficiente risorse che altrimenti andrebbero sprecate.
Nel 2019, l’energia scartata ha rappresentato oltre due terzi di tutta la produzione di elettricità. Il mining di Bitcoin incentiva lo sviluppo di processi di generazione più efficienti, per generare elettricità che viene venduta ai minatori di Bitcoin in un secondo momento. In questo modo si riduce la quantità di combustibili fossili utilizzati e quindi bruciati nell’atmosfera. Il mining di Bitcoin può eliminare la coda di progetti rinnovabili in sospeso negli Stati Uniti e in altri Paesi, consentendo alle società elettriche di recuperare le spese vendendo elettricità alimentata da fonti rinnovabili ai minatori dopo il completamento del progetto.

Predica bene e razzola male
Nel 2021 sui social network sono emerse critiche nei confronti di Greenpeace in Germania per il suo legame con una cooperativa che vende gas naturale, un’energia fossile che contribuisce al cambiamento climatico. Greenpeace Energy è stata fondata sotto l’egida dell’ONG nel 1999 per fornire energia elettrica da fonti rinnovabili. Nel 2011 ha iniziato a commercializzare gas naturale. Il suo scopo era quello di attirare i consumatori e le aziende che già utilizzano questo combustibile fossile, ad esempio per il riscaldamento, e aggiungere un sovrapprezzo alla bolletta per investire in tecnologia e ricerca per la produzione di idrogeno verde. “Il nostro scopo non è vendere gas naturale, ma cercare una strategia globale per tutto il sistema energetico. E questo include un cambiamento ecologico in quei settori in cui l’uso del gas è ancora presente”, ha spiegato Michael Friedrich di Greenpeace Energy. Il prodotto, chiamato proWindGas, sarebbe iniziato con la vendita di gas naturale, che nelle intenzioni sarebbe dovuto essere gradualmente sostituito da altri gas naturali, ma dopo dieci anni la sua composizione è la seguente: “10% da biogas, per l’1% da idrogeno verde e per il resto da gas naturale” secondo lo stesso Friedrich.
Conclusioni
E’ proprio vero che non ci sono più le belle stagioni, verrebbe da dire alla conclusione di questo articolo. Una associazione ambientalista come Greenpeace non solo fa la guerra al Bitcoin, che contribuisce a migliorare le condizioni del clima del pianeta, ma produce pure energia utilizzando gas fossile. Aggiungere altro è superfluo, ma ci sono molti elementi per avere forti dubbi sulla campagna “Change the Code” e gli obiettivi che essa persegue.