Lo U.S. Institute of Peace (USIP) si è occupato del traffico di esseri umani costretti a fare i “crypto scammers” e ha sottolineato che questo fenomeno è strettamente connesso alla proliferazione di zone gestite dalla criminalità organizzata in Myanmar, Cambogia e Laos e in altre zone del sud-est asiatico.
Da 50 a 100mila “Cyber Slaves”
Si stima che solo in Cambogia le reti criminali abbiano attirato da 50.000 a 100.000 persone in condizioni di schiavitù, e In Myanmar, il numero potrebbe essere due o tre volte superiore. La maggior parte di loro è stata attirata attraverso annunci sui social media che promettevano lucrosi lavori d’ufficio in Thailandia.
Le storie delle vittime sono tutte simili: un cittadino keniota ha risposto a un annuncio su Facebook per un lavoro molto remunerativo in Thailandia ed è stato indotto ad attraversare illegalmente il confine per raggiungere una enclave criminale in Myanmar; un uomo malese ha iniziato una relazione sentimentale attraverso i social media e, dopo un unico incontro, è finito schiavo nell’ex Birmania; un gruppo di lavoratori indiani del settore tecnologico, rispondendo ad annunci per lucrosi lavori nel campo dell’informatica in Cambogia, è stato deportato in una zona remota del Paese. Una volta nelle zone, alle vittime vengono date tre scelte: aderire a truffe online, pagare un riscatto o affrontare torture fisiche e psicologiche.

Le enclavi criminali cittadine sembrano simili a colonie penali. I post sui social media online descrivono un’enclave particolarmente sinistra, nota come Zona KK, che si trova sul fiume Moei, di fronte a una base militare thailandese nel villaggio di Mae Ku. Secondo una fonte, ben 10.000 persone sono ridotte in schiavitù, torturate o, secondo alcune testimonianze, minacciate di espianto dei loro organi se non riescono a generare entrate adeguate con le truffe.
Altre segnalazioni di indiani, indonesiani, taiwanesi, kenioti, ucraini e altri cittadini deportati in condizioni simili nel Sud-est asiatico sono continuate a comparire nel corso del 2022 segno che i traffici delle enclavi criminali hanno chiaramente iniziato a minacciare la regione e a riverberarsi a livello globale.
Territori governati dal crimine organizzato
L’USIP ha spiegato che negli anni precedenti alla pandemia, le élite governative corrotte dei Paesi interessati dal traffico di “cyber slaves” hanno ignorato e, talvolta persino, promosso lo sviluppo di aree non regolamentate destinate a ospitare le operazioni di gioco d’azzardo online create dai gruppi della triade cinese. Sono stati investiti miliardi di dollari di capitale allo scopo di attirare milioni di giocatori, turisti e lavoratori cinesi per conquistare quote del mercato del gioco d’azzardo online illegale cinese che ammonta a 145 miliardi di dollari.
Poi è arrivato il COVID e il piano d’affari per gli enormi centri di gioco d’azzardo è crollato. Le misure di blocco e i rigidi controlli alle frontiere hanno impedito ai lavoratori e ai giocatori d’azzardo cinesi di recarsi liberamente in Myanmar e altrove. In secondo luogo, nel 2021 la Cina ha avviato una campagna per costringere molti dei suoi cittadini nel Sud-est asiatico a tornare a casa per non subire sanzioni severe. Come reazione a tutto ciò le bande hanno iniziato traffici alternativi per reperire manodopera da impiegare in quelle zone e a sviluppare nuovi strumenti per gli investimenti internazionali, come appunto le crypto scams.
Allo stesso tempo, la pandemia globale ha messo in ginocchio gli sforzi dei media, delle forze dell’ordine e della società civile per monitorare, denunciare e arginare queste attività. I luoghi remoti delle enclavi create dai gruppi mafiosi cinesi hanno offerto uno spazio sicuro per l’espansione delle operazioni criminose, la cui impunità è stata rafforzata da relazioni corrotte con la polizia, i funzionari locali, le associazioni cinesi d’oltremare e le organizzazioni governative e di partito cinesi. I ricercatori e le forze dell’ordine stanno appena iniziando a riconoscere la portata del problema e la crescente influenza delle reti criminali in Stati deboli e corrotti come Laos e Cambogia.
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Il Myanmar come calamita per la criminalità
Il Myanmar post-golpe, dove l’esercito è in guerra con la popolazione per il tentativo di ripristinare una dittatura militare, è un paese a sé stante Per l’esercito di questo Paese, gli introiti derivanti dalla criminalità organizzata attraverso le corrotte forze di guardia di frontiera sono diventati un pilastro fondamentale della sua strategia di sopravvivenza. Sino a che L’attuale regime – che all’inizio di quest’anno ha smantellato sei unità chiave delle forze di polizia del Paese – manterrà il potere, la criminalità organizzata si diffonderà in nuove zone del Paese e rappresenterà sempre più una minaccia per la sicurezza globale.
Una minaccia per la sicurezza globale
La crisi del traffico di esseri umani è solo un esempio di come il regime militare illegittimo della Birmania danneggi gli interessi di sicurezza non solo dei suoi vicini, ma anche di Paesi lontani come gli Stati Uniti, dove di recente hanno cominciato a comparire in California annunci per lucrosi posti di lavoro nel settore tecnologico del Sud-Est asiatico.
“Un’attività maligna di questa portata rappresenta una minaccia per la sicurezza globale. È necessario porvi fine”, scrive L’USIP e ha suggerito che un primo passo sarebbe che gli Stati Uniti e i partner regionali che la pensano come loro, come la Thailandia e l’India, valutassero come queste zone senza legge sfruttino le lacune di governance tra di loro e prendessero provvedimenti per chiudere le opportunità criminali che tali aperture creano. “Se non si affrontano queste crescenti sfide alla sicurezza globale, si incoraggerà solo la diffusione incontrollata del crimine organizzato e la sua mutazione in forme ancora più sinistre” afferma in conclusione il documento dell’USIP sull’argomento.