Stefano Feltri, direttore del quotidiano Il Domani, il giornale edito da Carlo De Benedetti ha recensito il nuovo podcast di Fedez, definendolo “un progetto di marketing di una società di fintech che, tra l’altro, promuove investimenti in Bitcoin”.
L’articolo
Sin dal titolo del pezzo “La truffa delle criptovalute e la (dis)educazione finanziaria per ragazzi di Fedez” si capisce il punto di vista di Feltri, il quale ironizza sul fatto che Bitcoin sia presentato come “un investimento promettente e non speculativo”. Il direttore de Il Domani sottolinea che il podcast presenta uno degli ospiti, Gianluigi Ballarani, come una persona che “ha lanciato il suo asset cripto il cui valore è crollato, ma comunque pontifica su prospettive e rischi del settore” e sottolinea che “i rischi degli asset speculativi come le cripto non sono mai esplicitati nel podcast, che invita a una generica fiducia nel settore, nonostante gli scandali”. Secondo l’opinione di Stefano Feltri l’unico consiglio responsabile da dare in tema di educazione finanziaria è di non comprare le criptovalute, che definisce “un investimento speculativo privo di valore intrinseco, una bolla che si sta sgonfiando ora che le banche centrali alzano i tassi di interesse e gli investitori hanno meno soldi da buttare inseguendo qualche scommessa ad alto rischio”.
A questo punto appare chiaro la chiave di lettura della sua recensione del podcast di Fedez “Wolf – Storie che contano”, che viene stigmatizzato per il fatto che non dice chiaramente che “è fatto insieme o per conto a una società di fintech che offre servizi di pagamento e investimenti anche in Bitcoin” e per il fatto che differenzia le molte scommesse rischiose e speculazioni nel mondo delle criptovalute dal Bitcoin“. A supporto della sua tesi torna a menzionare Ballarani e ironizza sul fatto che “a parlare di educazione finanziaria e criptovalute Fedez invita un guru delle criptovalute che ha lanciato un suo token il cui valore è collassato da un picco di 4 dollari a 17 centesimi” e chiosa scrivendo “almeno ha esperienza in materia”.
Gli ospiti di Fedez
Feltri focalizza gran parte della sua attenzione sugli ospiti di Fedez e scrive che ci sono con lui“ un certo Surry, youtuber da 3 milioni di follower e “investitore amatoriale nelle cripto e Gianluigi Ballarani, presentato come startupper, professore all’Università di Pavia (a contratto, non è un accademico, e il suo corso è condiviso con altri due docenti, insegna digital marketing, mica finanza, ma questo non lo dicono) ed esperto del mondo cripto”.

Feltri ammette che non aveva mai sentito parlare di Ballarani e che è stato colpito dai suoi capelli blu e focalizza la sua attenzione sul suo progetto Hudi, riguardo al quale scrive che “chi lo ha comprato ha fatto un pessimo affare, ha esordito intorno a 1,5 dollari per Hudi, è arrivato a 4,15 e poi è collassato fino a 0,17 centesimi”. Feltri scrive che Hudi è l’acronimo di Human Data Income e afferma che dopo premesse e promesse sulla possibilità di fare soldi grazie al patrimonio dei dati, c’è alla fine un token, che è più o meno come una criptovaluta con meno velleità, cioè sempre un asset digitale scarso che a settembre scorso è stato venduto nell’equivalente di una quotazione, cioè scambiando Hudi per soldi veri”. Feltri poi da conto delle reazioni di alcuni investitori imbufaliti in Hudi “una truffa, denunciatelo alla polizia, il nome del fondatore è Gianluigi Ballarani” e di chi cerca di consolarsi “In un mercato dell’Orso, cioè al ribasso, è normale che Hudi abbia perso il 90 per cento del valore ma risalirà”. Feltri a questo punto argomenta che “non c’è alcuna ragione al mondo per cui Hudi dovrebbe avere un valore o risalire (o scendere), come molti asset nel mercato dopato delle blockchain e della tokenizzazione è soltanto domanda e offerta: finché c’è qualcuno disposto a pagare per asset digitali privi di qualunque valore intrinseco e di redditività futura attesa, il prezzo regge, ma prima o poi la gente si stanca di buttare soldi. L’unica consolazione è che anche Hudi, come tanti suoi omologhi, fa danni soltanto in una ristretta comunità di gente che ci ha lasciato i suoi risparmi, ma non ha effetti di contagio generali. Risultano 12.000 detentori circa, i primi sei detengono il 90 per cento degli Hudi in circolazione. Agli altri le briciole”.
Il podcast secondo Feltri
Nell’analizzare il contenuto del podcast Feltri comincia citando Ballarani, il quale afferma che “ le cripto sono una forma di valore diversa da quella che conosciamo” per poi continuare a riproporre la sua tesi per la quale “il valore riconosciuto è quello dei soldi o di titoli convertibili in un certo ammontare di valute riconosciute, le critpo sono asset, cioè titoli di fatto, che non hanno alcun valore, e che hanno senso soltanto finché c’è qualche altro gonzo disposto a comprarle a un prezzo maggiore di quello a cui le hai pagate”. Il direttore de Il Domani continua dicendo che l’unico messaggio che viene trasmesso da Surry e Ballarani è che “il mercato delle criptovalute è il futuro” e che “i crolli, le truffe, i disastri, gli imbrogli, non devono far perdere fiducia, perché la blockchain è una cosa seria. Opinione ormai di minoranza tra chi non prende soldi da aziende del settore”.
Feltri scrive che “non viene mai detto per qualunque investitore retail, specie se giovane, che investire in asset speculativi dovrebbe essere l’ultima delle cose da fare. Anzi, viene presentata come la norma, un comportamento fisiologico, perfino un po’ idealistico” e stigmatizza Surry che “teorizza che il fatto che i prezzi siano bassi deve incentivare a comprare” mentre secondo Feltri essi rappresentano “il campanello d’allarme che quelli alti erano soltanto il prodotto di una bolla speculativa e di condizioni di politica monetaria troppo generose” e attacca Ballarani che dice che “se un investimento è davvero a lungo termine e credi nella tecnologia”.
Feltri conclude che l’unica cosa razionale è non seguire i consigli di di Wolf e del suo team di gente in conflitto di interessi. Incluso Surry, che ai suoi 2,9 milioni di utenti promuove criptovalute e piattaforme di exchange di ogni genere, in partnership con aziende del settore. Di sicuro con le criptovalute qualcuno ci guadagna, come Surry e Ballarani. A spese di quelli che seguono i loro consigli.
Le tesi di Feltri
Secondo il direttore de Il Domani “le criptovalute sono asset, non monete, ma nessuno ci investirebbe se venissero presentate come investimenti speculativi ad alto rischio di cui è impossibile di prevedere l’andamento” e continua affermando che “il presupposto su cui si fondano Bitcoin e le altre “valute” è falso: la scarsità prevista dall’algoritmo come garanzia del valore della criptovaluta è priva di senso nel momento in cui l’offerta di criptovalute continua ad aumentare”. E chiude affermando che “può essere limitato il numero di Bitcoin, ma è illimitato il numero di criptovalute realizzabili” e sostiene che Fedez “si è scelto degli strani compagni di viaggio per questo podcast nel quale lui si presenta non come un cantante o un influencer, ma come un imprenditore che discetta di banche centrali e altre cose di cui, per sua stessa ammissione, non capisce nulla”.
Conclusioni
E’ positivo il fatto che la stampa mainstream cominci a parlare del settore delle criptovalute, elemento che dimostra come questo settore sia diventato rilevante al punto tale da meritare la sua attenzione. Scrive Feltri “forse la tecnologica blockchain un giorno servirà a qualcosa”. Lo scetticismo attorno alla blockchain è provocata dalla scarsa conoscenza del mezzo.
La tecnologia del libro mastro distribuito della blockchain in molti settori, sta scalando il modello di mercato peer-to-peer – soprattutto, come transazioni business-to-business – in cui “chiunque può scambiare beni e servizi in modo efficiente con chiunque ” (come era prima dei giorni della moneta fiat). Grazie alle strutture distribuite e crittografate di fiducia e di provenienza garantita, la blockchain sta eliminando la necessità di terze parti che traggono profitto dalla verifica (banche, broker e notai, ad esempio), aumentando così la velocità, la facilità e la chiarezza del commercio e la quantità di attività liquide che le aziende hanno a disposizione da utilizzare per un ulteriore utilizzo. Il Bitcoin è un’applicazione della tecnologia blockchain e rappresenta una moneta virtuale, ovvero che non viene stampata come la normale cartamoneta, ma che viene creata, distribuita e scambiata in maniera completamente virtuale, attraverso i computer, e con una tecnologia peer to peer. Citando Giacomo Zucco “Bitcoin non è un’azienda non ha un CEO, un capo, un servizio clienti, qualcuno che possa prendere decisioni. Non esiste come realtà ufficiale consolidata. Bitcoin non è uno schema Ponzi: non richiede una diffusione piramidale, ma solo che un certo numero di persone, anche esiguo, continuino a seguire certe regole imposte dal protocollo, per trasferirsi vicendevolmente valore”.
Creare una cripto, un token o un Nft è un processo molto semplice, quasi banale e si può dire che esso è valido solo se crea valore. Alla base ci deve essere, cioè, un business, un’idea, un’impresa che funziona, che abbia un modello di sostenibilità, che possa risolvere un problema, che possa permettere la facilitazione di un processo utilizzando la tecnologia blockchain. Tokenizzare un business è come quotare in borsa un’azienda . Si ha un business che funziona, clienti, fatturato, asset, dipendenti e si prova a scalare offrendo al pubblico la possibilità di comprare un pezzetto di questa azienda che funziona e farci degli utili. Il concetto per quanto riguarda le cripto è simile, solo che non c’è nessun ente che controlla la bontà e la solidità di un business. più delle volte, però, alla base di token ed Nft non c’è alcun business, nessuna azienda o progetto in grado di creare valore. Molte volte si tratta di truffe vere e proprie nelle quali a creare valore, sono solo e unicamente gli utenti nuovi che con i loro soldi sostengono i ‘guadagni’ di quelli vecchi. Il classico schema Ponzi. Acquisendo la conoscenza necessaria per comprendere questi concetti il mondo cripto apparirebbe meno distante a quello reale a chi ne parla e scrive senza avere idea di cosa si tratti.
Siamo d’accordo con Feltri su una cosa: l’opinione che ha degli ospiti del podcast di Fedez, il quale si rende protagonista di una buona iniziativa, anche se sponsorizzata, per diffondere la conoscenza della tecnologia blockchain e la consapevolezza finanziaria tra il pubblico degli investitori. Consigliamo di selezionare meglio i suoi interlocutori e di scegliere chi conosce questo mondo e professionalmente lavora per smascherare i truffatori.