In questo anno e mezzo passato a studiare il mondo delle cripto e del Web3 in generale, abbiamo avuto modo di leggere e studiare molto progetti. Purtroppo non sempre, anzi pochissime volte, ci siamo trovati davanti a progetti effettivamente validi.
Utilità e valore
Ma quando possiamo dire che un progetto cripto o Nft sia effettivamente valido? Beh in estrema sintesi, deve creare valore. Cioè alla base ci deve essere un business, un’idea, un’impresa che funziona, che abbia un modello di sostenibilità, che possa risolvere un problema, che possa permettere la facilitazione di un processo utilizzando la tecnologia blockchain. Creare una cripto, un token o un Nft è molto semplice, banale. Se vogliamo, tokenizzare un business, è molto simile alla quotazione in borsa di un’azienda. Si ha un business che funziona, clienti, fatturato, asset, dipendenti e si prova a scalare offrendo al pubblico la possibilità di comprare un pezzetto di questa azienda che funziona e farci degli utili. Per fare questo, però, le aziende devono affrontare lunghi e puntigliosi percorsi di due diligence. In pratica orde di avvocati e contabili aprono il motore dell’azienda e studiano nei dettagli ogni aspetto del business e solo dopo averlo superato questo percorso di minuzioso controllo da parte delle autorità di mercato, ottengono il via libera e possono quotarsi in borsa.
Studiare e capire la qualità dei progetti
Il concetto per quanto riguarda le cripto è simile, solo che non c’è nessun ente che controlla la bontà e la solidità di un business. Chiunque può creare in pochissimo tempo e con pochi soldi un token o un Nft e andare sul mercato. Il più delle volte, però, alla base di token ed Nft non c’è alcun business, nessuna azienda o progetto in grado di creare valore. Molte volte si tratta di truffe vere e proprie: dal computer quantistico (che non esiste ancora) che fa trading alla cripto che non scende mai all’app che promette di vincere le scommesse sportive con continuità senza spiegare come. Ecco in questi casi, a creare valore, sono solo e unicamente gli utenti nuovi che con i loro soldi sostengono i ‘guadagni’ di quelli vecchi. Si il classico schema Ponzi, e in questi mesi ne abbiamo visti parecchi saltare in aria. Stesso discorso per gli Nft. Si può pensare che dei semplici file, immagini, video o 3d, possano essere creati in pochi minuti e venduti per milioni? E pensare che questa bolla non scoppi mai? Ovviamente no. E allora? Anche qui la parola magica è ‘valore’, come facciamo a creare valore per un Nft? In un solo modo, a nostro avviso, dando degli usi a questo Nft. Se i possessori hanno dei vantaggi da questo che possiamo intendere come un contratto digitale oltre che un asset, allora c’è un senso, un valore.
Come si crea valore?
Quindi le domande che dobbiamo porci quando qualcuno ci propone di mettere i nostri soldi in un progetto Nft o cripto, la prima domanda che dovremmo farci è: ok, ma come si crea valore? Da dove arrivano i soldi? Qual è il valore aggiunto che si porta utilizzando queste tecnologie in blockchain rispetto a tutti gli strumenti già conosciuti e usati nel web2? Perché altrimenti cripto, Nft, blockchain diventano solo parole buzz, buone per darsi un tono, sfruttare il momento, l’ignoranza inevitabile del grande pubblico su queste tecnologie così emergenti per piazzare delle solenni sóle.
In conclusione, possiamo dire di avere la fortuna di essere tra i primi a scoprire e sperimentare queste nuove tecnologie. E anche il giornale, presto, metterà mano nella blockchain per studiare gli usi che si possono fare di cripto ed Nft legati al mondo dell’editoria. Siamo come nell’internet del 1999, abbiamo capito che qualcosa di grande sta arrivando, ma è tutto da inventare e scoprire. Ricordando le parole d’ordine: valore e usi.