La polizie italiane e albanesi hanno smantellato una organizzazione, la quale attraverso false operazioni si trading on-line, secondo gli inquirenti, avrebbe truffato diverse centinaia di cittadini italiani residenti in tutto il territorio nazionale per un ammontare superiore ai cinque milioni di euro; somma che probabilmente rappresenta solo la punta dell’iceberg di cifre molto più consistenti.
L’operazione
La Procura della Repubblica di Pordenone e la Procura Speciale Contro la Corruzione ed il Crimine Organizzato S.P.A.K. di Tirana (Albania) hanno emesso quattordici ordinanze di custodia cautelare; ieri sono state rintracciate ed arrestate a Tirana nove dei destinatari del provvedimento, mentre in cinque sono risultati irreperibili e sono attivamente ricercati. L’operazione ha portato alla denuncia a piede libero di quarantaquattro cittadini albanesi, tutti membri, con specifici compiti e ruoli, del predetto sodalizio criminale.
Nell’operazione sono tati impegnati gli investigatori della Squadra Mobile di Pordenone e del Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica-Polizia Postale e delle Comunicazioni del Friuli Venezia Giulia, con la collaborazione, del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, del Servizio Centrale Operativo e del Servizio per la Cooperazione Internazionale. A Tirana gli investigatori italiani in collaborazione con la Direzione Regionale della Polizia di Tirana, al N.B.I. (National Bureau Investigation della SPAK) ed all’Unità Crimini Informatici della Polizia albanese hanno effettuato anche numerose perquisizioni nei confronti dei cittadini albanesi arrestati che hanno permesso di sequestrare un gran numero di apparecchiature informatiche utilizzate per l’estrazione di criptovalute. Questa operazione è stata resa possibile grazie alle analisi del contenuto dei computer e altri dispositivi elettronici sequestrati lo scorso 25 ottobre, quando furono arrestate tre persone facenti parti della stessa organizzazione e fu sequestrato un call center. L’organizzazione criminale era in grado di offuscare gli indirizzi IP albanesi realmente utilizzati facendo invece credere ai truffati che le connessioni partissero dall’Italia e aggirando, così, i sistemi alert degli ignari istituti bancari.
L’analisi dei conti correnti, effettuata dagli investigatori mediante accertamenti che hanno coinvolto diversi Paesi membri dell’Unione Europea fra i quali Cipro, Lituania, Estonia, Olanda e Germania hanno permesso di scoprire che il denaro delle vittime, nella maggior parte dei casi, veniva convertito in criptovalute legati a conti esteri non tracciabili.
Le indagini
Dopo una denuncia pervenuta alla Polizia Postale di Pordenone, le indagini hanno permesso di ricostruire lo schema della frode: le vittime, contattate per telefono, venivano convinte dai truffatori ad investire cifre all’inizio molto basse, che però generavano apparenti rendimenti stratosferici utilizzando a tale scopo piattaforme di trading false e configurate ad hoc dal sodalizio per rendere più credibile l’affare. Gli investigatori italiani hanno effettuato 42mila intercettazioni telefoniche, le quali hanno permesso di constatare l’abilità dei truffatori nell’utilizzare vere e proprie tecniche di persuasione, al punto da convincere ignari cittadini a versare, nel tempo, svariate centinaia di migliaia di euro su conti correnti esteri. dopo aver ottenuto la fiducia della vittima i malviventi effettuavano una prima proposta d’investimento di € 250 in azioni Amazon osservandone il rendimento per una settimana. In base a quanto apprendevano nelle conversazioni con le vittime, i truffatori proponevano poi l’estensione dell’investimento sulla criptovaluta bitcoin chiedendo ed ottenendo dalle vittime il versamento di migliaia di euro in conti stranieri. Ad ogni bonifico in ingresso corrispondeva infatti una cessione di bitcoin in favore di altro Wallet sconosciuto, che faceva così perdere le tracce del denaro.
Ad essere truffati sono stati uomini e donne di tutte le età e di varie estrazioni sociali (operai, professionisti, ma anche casalinghe e pensionati), residenti in diverse regioni del territorio nazionale, attratti dalla possibilità di guadagnare soldi velocemente e raggirati da truffatori senza scrupoli.
Un call center con varie figure al proprio interno gestiva la truffa: vi erano infatti operatori, che gestivano il primo contatto con i clienti e verificavano la disponibilità ad investire, e veri e propri “consulenti” che guidavano passo passo le vittime verso gli investimenti a loro dire più vantaggiosi. La fidelizzazione del “cliente” diveniva così efficace al punto che la vittima, nella maggior parte dei casi, acconsentiva a far operare sul proprio PC il truffatore, che da remoto disponeva “in tempo reale” i bonifici esteri mediante un software di controllo a distanza denominato “Anydesk”. I truffatori, tuttavia non si limitavano a questo: frequente era infatti il controllo delle email, delle fotografie e dei documenti delle vittime, tutte informazioni che venivano sfruttate per fare social engineering per il plagio dei malcapitati qualora si fossero dimostrati reticenti ai successivi investimenti. Altre volte, nel percepire la titubanza delle vittime, i truffatori divenivano aggressivi e spietati anche sfruttando le informazioni precedentemente apprese, al punto di convincere le stesse a richiedere finanziamenti dedicati a nuovi investimenti. In altri casi, le vittime consegnavano spontaneamente le credenziali di accesso ai propri servizi di home banking al proprio “consulente”, in modo da velocizzare le operazioni di investimento cogliendo al volo un particolare andamento di mercato.
Numerose, invece, le ragioni che i truffatori accampavano ogni qualvolta che le vittime volevano incassare i falsi profitti, tra le quali figurava una falsa commissione da pagare, per lo sblocco del denaro, ad una presunta agenzia dell’Unione Europea a causa della Brexit. Le cifre, ancora una volta, venivano incassate dal sodalizio che, ovviamente, non restituiva nemmeno la somma “investita”.
L’importanza di denunciare
Questa operazione dimostra che fare denuncia alle autorità di polizia nei casi in cui si teme di avere subito una truffa è l’unica strategia per sperare di recuperare i soldi persi e che i colpevoli siano puniti. Molto spesso nel settore delle criptovalute, e non solo, c’è la convinzione che è inutile presentare una denuncia per vari motivi: 1) le somme perse sono di modesta entità; 2) la polizia non è preparata; 3) non serve a niente e cosi via. Non denunciare è il principale favore che si possa fare ai truffatori, i quali sono liberi di continuare le loro attività criminali indisturbati.